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Aug 06, 2023

Recensione "Gotti".

His chest puffed and silver pompadour firmly in place, John Travolta shows

Con il petto gonfio e il pompadour argentato saldamente al suo posto, John Travolta mostra al losco boss del crimine Gambino John Gotti un po' troppo rispetto in questo film biografico sulla costruzione del mito.

Di Peter Debruge

Capo critico cinematografico

Vergogna a Cannes. In quello che sembra essere un patto con il diavolo, o uno stipulato con una pistola puntata alla nuca, il regista di Cannes Thierry Frémaux ha inspiegabilmente accettato di dare a "Gotti" - la storia interna della famigerata mafia di Gotham che crea miti e pulisce i record. il capo John Gotti, visto dal figlio maggiore - un posto al prestigioso festival cinematografico... se si può definire una singola proiezione nella sede ufficiale più piccola del festival, la Salle Buñuel, che può ospitare meno di 300 persone, una vera e propria prima mondiale.

È certamente molto diverso dal trattamento ricevuto da John Travolta 24 anni prima, quando "Pulp Fiction" si era presentato alla competizione nell'enorme teatro Lumière al piano di sotto, ma senza dubbio il prezzo pagato per convincere l'attore a partecipare agli eventi del giorno successivo, che includevano un master class e proiezione sulla spiaggia di "Grease". Sebbene sia stato proiettato in anticipo senza il trailer sul tappeto rosso del festival, Frémaux ha presentato il film personalmente, tornando poi a posare per delle foto con Travolta, che ha lottato per nove anni per realizzare il film.

Per la star, si trattava chiaramente di riconoscere un ruolo interessante e di rifiutarsi di lasciarlo scappare. Ma per la famiglia Gotti, legata dalla biologia e dalle associazioni imprenditoriali, è stata l’occasione per erigere una statua in suo onore. Adattato dal libro di memorie autopubblicato di John A. Gotti "Shadow of My Father", il film non arriva al punto di insistere sul fatto che papà fosse innocente (sebbene, a parte il suo ruolo in un paio di successi, non descrive nessuno dei crimini per i quali è stato infine condannato: racket, strozzinaggio, gioco d'azzardo illegale, ostruzione alla giustizia, corruzione di pubblico ufficiale e frode fiscale), ma tenta di scagionare Junior.

Culminando in un montaggio sbalorditivo di gente del posto che esalta le virtù di Gotti, il film presenta un'estesa lamentela su quanto sia ingiusto che il governo degli Stati Uniti non lasci in pace il povero ragazzo (e ragazzo quale è, interpretato dai 15 ai 50 anni circa da Spencer Lofranco, 25 anni, incredibilmente bello). Nel mezzo dell'umiliazione di "cinque processi in 37 mesi", Junior è stato ingiustamente accusato di traffico di droga, associazione a delinquere omicida e racket? Forse, ma è uno strano programma da presentare per un film sulla mafia, che si presenta come un sincero racconto del gangster più famoso dai tempi di Al Capone, quando in realtà è progettato per riabilitare il nome di suo figlio. Semmai, il ritratto di Gotti da parte di Travolta sembra progettato non per comprendere l'enorme "Teflon Don" (così chiamato perché, per molto tempo, nessuno poteva far valere le accuse) ma per renderci più comprensivi nei confronti del caso di Junior.

Un progetto che ha cambiato registi (Barry Levinson una volta era assunto), cast (così come Al Pacino) e produttori (quei crediti sono ancora in continuo mutamento) più volte di quanto Donald Trump abbia licenziato il suo staff, "Gotti" è strutturato attorno a un in -incontro in prigione in cui John Gotti Jr. dà la notizia che sta considerando un patteggiamento con i suoi papà incarcerati, resi orribili da un cancro alla gola. "Mi hanno preso la tetta e me l'hanno messa in faccia," scherza Travolta sotto la chirurgia plastica protesica. Il trucco è abbastanza buono in questa scena (soprattutto in contrasto con il fondotinta pesante che tutti indossano nel resto del film), anche se nessuno è riuscito a far sembrare Lofranco più vecchio.

Se pensate che il povero Junior abbia avuto delle difficoltà, vivendo "all'ombra di suo padre", immaginate come deve essersi sentito il regista Kevin Connolly nell'affrontare questo progetto, il terzo lungometraggio dell'attore di "Entourage", quando l'influenza di "Il Padrino" e " Quei bravi ragazzi" incombe così tanto su ogni decisione. Interrompendo spezzoni di notizie e B-roll ovunque, non conferisce credibilità quanto enfatizza lo sfarzo da film televisivo coinvolto nel ricreare i momenti più pubblicizzati della vita di Gotti: il suo primo successo, il suo primo periodo in prigione, il suo primo processo RICO, il suo primo figlio, il suo primo verdetto di colpevolezza, i suoi ultimi giorni.